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IL NO IN 40 TWEET
Votare NO alla
riforma costituzionale, per la tutela e lo sviluppo della
democrazia:
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Il
bicameralismo paritario consente un argine a lobby e
interessi particolari che invece potranno più facilmente
imporsi con l’attribuzione della decisione finale ad una
sola Camera.
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La
trasparenza sarà compromessa dalla possibilità di chiudere
sempre più spesso il procedimento legislativo con
l’approvazione di maxiemendamenti, magari in votazione
notturna, senza che vi sia più una seconda Camera a “fare le
pulci”.
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La forma
di governo che scaturirà dalla nuova Carta non sarà più
quella di una Repubblica parlamentare, stante il combinato
disposto con un sistema elettorale che determina, di fatto,
l’elezione diretta del Presidente del Consiglio.
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Ma la
forma di governo originata dalla nuova Carta non sarà
neanche quella di una Repubblica presidenziale, di cui
mancano contrappesi come l’autonomia del potere legislativo,
ormai espressione della segreteria del partito di
maggioranza.
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La
riforma costituzionale segue infatti una legge elettorale di
dubbia costituzionalità (su cui pende un apposito
procedimento), in quanto non prevede collegi uninominali e
limita molto le preferenze.
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Con la
nuova legge elettorale l’elezione dei deputati continua
quindi a dipendere dal posto loro assegnato dal segretario
di partito nell’ordine di lista, venendo penalizzata la
mancata obbedienza dall’esclusione della candidatura.
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Un
partito che consegua la maggioranza relativa dei voti
potrebbe ottenere la maggioranza assoluta della Camera,
maggioranza peraltro composta interamente di deputati
personalmente fedeli al leader in quanto eletti per lo più
senza preferenze.
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Il
combinato disposto della legge elettorale e della riforma
costituzionale, data anche la riduzione dei poteri e del
numero dei senatori, assegna quindi un ruolo egemonico al
leader che vince le elezioni della Camera.
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Con la
nuova Carta si riducono inoltre i contrappesi offerti dalle
autonomie territoriali, date la forte riduzione dei poteri
legislativi delle regioni e la soppressione delle province.
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Si pensa
agli effetti dello smantellamento di contrappesi importanti
(fine bicameralismo paritario, riduzione poteri regionali,
soppressione province, alterazione equilibri elezione
Presidente della Repubblica e giudici costituzionali)?
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Le
elezioni politiche che seguiranno all’eventuale approvazione
della riforma costituzionale potrebbero pertanto aprire la
strada ad un’evoluzione ulteriormente autoritaria
dell’assetto costituzionale.
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Con la
soppressione di quella palestra di democrazia delle elezioni
provinciali, da dove è partito anche il Presidente del
Consiglio, che possibilità avrà mai la classe dirigente
delle periferie di divenire classe dirigente della Nazione?
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Si
pretende di far lavorare gratis, per tale funzione, i
senatori, con evidenti penalizzazioni per quelli espressi
dai ceti popolari e meno abbienti: il Senato tornerà ad
essere una prerogativa dei ceti più elevati come nell’antica
Roma?
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Sarà più
sicuro il Paese dopo che avremo deciso che lo stato di
guerra e il conferimento dei relativi poteri al Governo sarà
deliberato da una sola Camera, quella eletta col
maggioritario (ex art. 17 della riforma)?
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Era
proprio necessario, in un’epoca di disaffezione dei
cittadini dalla politica, scoraggiare il ricorso alle leggi
di iniziativa popolare popolari elevandone il quorum 50.000
a 150.000 firme, ex art. 11, comma 1, lett. b)?
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E’
giusto, dato il già elevato grado di astensionismo,
escludere i cittadini dall’elezione del Senato laddove tanti
esempi (es. Spagna, USA) dimostrano che l’elezione diretta
del Senato non implica che questo voti la fiducia?
Votare NO alla
riforma costituzionale, per la chiarezza delle regole
fondamentali:
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La riforma
sottoposta a referendum non è una semplice revisione perché
modifica oltre 40 articoli: l’art. 138 non autorizza a
scrivere una nuova Costituzione, per la quale dovrebbe
essere convocata una nuova Assemblea costituente.
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Si supera una
Carta scaturita dal confronto e la collaborazione fra
culture tanto distanti fra loro – cattolica, social-marxista
e liberale – ma unite dal comune intento di lavorare per il
bene comune: è questo il progresso?
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POCHI SANNO CHE,
in base all’art. 39, comma 13, l’Italia sarà l’unico Paese
dell’Unione europea, dell’OCSE e, forse, del mondo, ad avere
due Costituzioni contemporaneamente applicabili secondo il
territorio in cui ci si trovi!
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In base all’art.
39, comma 13, la nuova Costituzione si applicherà nelle
regioni a Statuto ordinario e quella precedente, per la
parte sulle competenze regionali, si applicherà nelle
regioni a Statuto speciale! Cuius regio eius religio …
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Un’azienda
operante in Italia dovrà adattarsi a 7 SISTEMI LEGISLATIVI
DIVERSI: quello previgente; l’ordinamento di ciascuna delle
5 Regioni a st. speciale; le nuove competenze legislative
statali post riforma per le Reg. a st. ordinario.
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La stessa
materia infatti potrebbe essere disciplinata da principi
fondamentali statali e leggi regionali fino al 2016 e, dopo
il 2016, da legge statale nelle Regioni st. ordinario e da 5
diverse leggi regionali nelle Reg. st. speciale!
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Si accrescerà il
disorientamento del cittadino e il conseguente contenzioso
dato che il riparto di competenze abrogato dall’art. 31 è
parzialmente riportato in vita dall’art. 39!
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Si accrescerà il
disorientamento del cittadino e il conseguente contenzioso
data la moltiplicazione di procedimenti con leggi approvate
dalla sola Camera, da entrambe le Camere, ovvero
con quorum diversi in base alle materie!
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L’art. 5 della
Cost. vigente, non modificato, recita che la Repubblica
promuove le autonomie locali, ma chi tutelerà le esigenze di
piccoli comuni, trasporti, ambiente, scuole, gestione
rifiuti, ecc. dopo l’abolizione delle province?
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Il principio di
sussidiarietà proprio della dottrina sociale della Chiesa si
è affermato in Europa e viene invece negato, così come viene
negata la funzione dei corpi intermedi, dalla riforma con la
soppressione delle Province e del CNEL.
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L’elevazione
del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica
dalla maggioranza assoluta a tre quinti dei votanti (art.
21) rischia di determinare l’impasse e il blocco dei
meccanismi istituzionali in caso di insanabili contrasti.
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E’ falso
affermare che mantenendo l’elezione diretta del Senato,
anche parziale, questo avrebbe dovuto necessariamente
conservare il potere di votare la fiducia: vedi la Spagna!
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Il cosiddetto
“Senato delle Regioni” non sarà competente per la ratifica
degli accordi internazionali (art. 19) neanche nel caso
riguardino materie di competenza delle Regioni, sebbene
queste saranno tenute alla loro attuazione (art. 31).
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L’art. 38, c.
10, impedirà ai Consigli regionali di presentare proposte di
legge al cosiddetto “Senato delle Regioni” ANCHE NELLE
MATERIE DI COMPETENZA DEL SENATO!
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Nel caotico
procedimento di riforma costituzionale, si dimentica,
all’art. 38, c. 11, l’incompatibilità tra senatori e
deputati europei sancita invece dall’UE (decisione
2002/772/CE).
Votare NO alla
riforma costituzionale, per il buongoverno, l’efficacia e
l’efficienza del processo democratico:
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Il bicameralismo
paritario ha consentito nel tempo una ponderazione delle
leggi che non sarà migliorata dall’attribuzione della
decisione finale ad una sola Camera.
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Si renderanno
necessarie sempre più spesso leggi di modifica degli errori
contenuti in precedenti leggi, come oggi già capita, ad
esempio, con i frequenti decreti-legge mille proroghe.
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Il procedimento
legislativo viene complicato da una miriade di procedimenti
diversi con quorum differenti e la partecipazione o meno del
Senato, generando confusione e rischio di situazioni di
paralisi o di contenzioso.
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Il procedimento
legislativo bicamerale non viene cancellato ma rimesso alla
valutazione dei Presidenti delle Camere, con il rischio di
conflitti insolubili a monte e a valle dell’approvazione
delle leggi.
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Non si sopprime
il Senato ma non se ne precisa la funzione e il ruolo.
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La principale
motivazione della riforma è il contenimento dei costi delle
istituzioni ma si sarebbero conseguiti più incisive, rapidi
e misurabili risparmi con il semplice dimezzamento dei
componenti di Camera e Senato.
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Si propagandano
risparmi facendo lavorare gratis i senatori per tale
funzione MA con evidenti disparità di trattamento tra
deputati e senatori, tra senatori consiglieri regionali e
sindaci e fra senatori residenti a Roma e gli altri.
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Il nuovo Senato
NON POTRA’ ESSERE LA CAMERA DELLE REGIONI perché, prevedendo
l’art. 5 la possibile incompatibilità nei suoi organi per i
membri delle Giunte regionali, dovrà restare in piedi la
Conferenza Stato-regioni.
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L’unica
razionalizzazione della riforma, la soppressione della
Conferenza Stato – Regioni dopo la creazione del cosiddetto
Senato delle regioni, non potrà avvenire perché mancherebbe
un organo rappresentativo dei Presidenti delle regioni.
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Non prevedendo
la partecipazione dei Presidenti delle Regioni, ma anzi
ostacolandola ex art. 5, il nuovo Senato non potrà neanche
assumere le funzioni del Bundesrat, che in Germania assicura
la cooperazione tra Stato federale e Länder.
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I presunti
risparmi derivanti dalla soppressione delle province saranno
soverchiati dai maggiori costi derivanti dalla creazione dei
cosiddetti “enti di area vasta” di cui all’art. 40, comma 4.
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Ai costi
derivanti dalla creazione dei cosiddetti “enti di area
vasta” di cui all’art. 40, comma 4, che potrebbero superare
il numero delle attuali province, si aggiungeranno i costi
dell’inutile disarticolazione delle attuali Prefetture che
saranno sostituite dagli Uffici territoriali del Governo
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