REFERENDUM

SULLA

VOTA

NO

RIFORMA

COSTITUZIONALE

COMITATO POPOLARE PER IL NO AL REFERENDUM SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Presidente: Giuseppe Gargani

Vice presidenti:

Ettore Bonalberti, Maurizio Eufemi, Vitaliano Gemelli, Egidio Pedrini, Ivo Tarolli, Nicandro Marinacci, Benedetto Raniero

il Comitato è su: Facebook e Twitter

 

 

 

RASSEGNA STAMPA

27 giugno 2016 - Intervista al Prof Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale, a sostegno del NO al referendum

 

- LEI E’ SCHIERATO PER IL NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE RENZI-BOSCHI-VERDINI. CI PUO’ SPIEGARE LE RAGIONI PRINCIPALI?
La riforma costituzionale, annientando la garanzia costituzionale dell’art. 138 della Costituzione per le leggi di revisione costituzionale (doppio esame della legge da parte di due Camere di pari dignità), in collegamento con la legge elettorale (che dà la “maggioranza dei seggi” alla “maggiore minoranza”), consente al Governo di modificare l’intera Costituzione, facendo leva su una “maggioranza fittizia”, che non esprime affatto la volontà della maggioranza degli Italiani. In sostanza, sono violati i principi fondamentali dell’eguaglianza dei voti e della reale “rappresentanza politica”. La cosa è estremamente grave, poiché i Governi degli ultimi decenni hanno dimostrato di essere asserviti (come del resto la cosiddetta “troica”) ai voleri della finanza, la quale impone l’approvazione di leggi in proprio favore e contro gli interessi del Popolo (sanità, ambiente, ecc.). Lo si è già visto, da ultimo, con le leggi “Sblocca Italia”, “Jobs Act”, “Riforma della pubblica amministrazione”, le quali subordinano l’interesse alla tutela del diritto al lavoro, alla tutela della salute e alla tutela dell’ambiente, agli interessi dell’impresa, e cioè delle multinazionali. Si rende, in altri termini, legittima la subordinazione dei cittadini alla volontà del governo e la subordinazione di quest’ultimo alla volontà della “finanza” (multinazionali e banche). 
Tale riforma costituzionale, inoltre, che riguarda 47 articoli della Costituzione, realizza una nuova Costituzione, trasformando indebitamente il potere di revisione in un potere costituente, cosa che è vietata dal citato art. 138 Cost. 

 

- A SUO AVVISO, QUALI SONO I PUNTI PIU’ CRITICI DELLA RIFORMA?
- E’ falso affermare che si è realizzato un monocameralismo. Infatti il Senato resta, e ha compiti notevoli, mentre non dà la fiducia ed è formato da nominati e da eletti dai consigli regionali, ai quali viene, tra l’altro, assicurata l’immunità.
- E’ falso affermare che questa riforma abbrevia i termini per la produzione delle leggi. E’ vero il contrario. Infatti sono previsti ben quattro tipi di procedure: a) leggi di competenza bicamerale; b) leggi il cui esame da parte del Senato può essere richiesto da un terzo dei suoi componenti; c) leggi di cui all’art. 81 Cost., che vanno sempre sottoposte all’esame del Senato, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data di trasmissione; d) leggi di attuazione dell’art. 117, quarto comma, che richiedono sempre l’esame del Senato e le cui modificazioni a maggioranza assoluta dei suoi componenti sono derogabili solo dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera.
- Inoltre, i conflitti di competenza sono risolti dai Presidenti delle due camere, che facilmente potranno non accordarsi mai, con l’aumento dei conflitti davanti alla Corte costituzionale.
- E’ falso, infine, affermare che si riducono i costi, poiché la struttura del Senato resta in piedi e il risparmio è minimo ed irrisorio.

 

- RENZI E BOSCHI INSISTONO CHE SE NON SI APPROVA QUESTA RIFORMA, PER L’ITALIA PASSERANNO ALTRI QUARANT’ANNI PRIMA DI FARE ALTRE RIFORME. E IL NOSTRO PAESE RIMARRA’ FANALINO DI CODA DELL’EUROPA. SARA’ PROPRIO COSI?


E’ da precisare che ci sono state già quindici riforme costituzionali, che, invero, non hanno dato buoni frutti. D’altronde, è necessario valutare “cosa” e “come” si riforma. La riforma proposte è pessima e contiene errori di grammatica e sintassi giuridiche.

 

- LA COSTITUZIONE E’ STATA SCRITTA SETTANT’ANNI FA DA DIVERSE ANIME DEL PAESE RAPPRESENTATE PER MEZZO DI UN’ASSEMBLEA COSTITUENTE ELETTA CON SISTEMA PROPORZIONALE PURO. 
L’ITER DI QUESTA RIFORMA HA INVECE VISTO MAGGIORANZE ALTERNE, CONTINUI CAMBI IN COMMISSIONE E L’IMPOSIZIONE DEI VOTI DI FIDUCIA. RITIENE CHE LA MODIFICA DI 1/3 DELLA COSTITUZIONE SIA TOTALMENTE RAPPRESENTATIVA DEGLI ITALIANI?


Assolutamente NO. La riforma è innanzitutto illegittima perché votata da un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale. Inoltre non c’è stato un dibattito che rappresentasse i diversi punti di vista degli Italiani e il governo (cosa impensabile per una riforma costituzionale) è persino ricorso al voto di fiducia. La vigente Costituzione fu approvata con 453 voti a favore e 62 contrari.

 

- MOLTO DISCUSSO E’ IL COMBINATO DISPOSTO CON LA LEGGE ELETTORALE “ITALICUM”. CI SPIEGA QUALI SONO LE CRITICITA’ MAGGIORI? QUALI SCENARI POTREBBERO PROSPETTARSI?


Già spiegato al primo punto

 

- INFINE, LE CHIEDIAMO DI RIVOLGERE UN APPELLO PER VOTARE NO AL REFERENDUM.


Votare NO è un dovere inderogabile di ciascun cittadino che voglia il bene comune. La riforma non giova al Popolo, ma alle multinazionali e alle banche, cioè alla finanza e ai mercati, i quali, come dimostra il Trattato transatlantico tra USA e UE e la CETA tra Canada e UE, vogliono cancellare le Costituzioni europee del dopo guerra ponendo al di sopra di esse il principio dell’assoluta libertà di commercio e di investimento, prevedendo che in caso di contrasto di questa libertà con le leggi degli Stati, decide un arbitro nominato e pagato dagli stessi investitori e commercianti, il quale avrebbe il compito di condannare gli Stati al risarcimento dei danni subiti da investitori e commercianti, a causa delle misure di salvaguardia della salute e dell’ambiente adottate dagli Stati stessi. Il che vuol dire che gli Stati, prima di proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente devono mettere in conto la altissima probabilità di pagare insostenibili risarcimenti dei danni.

Domenica, 26 Giugno 2016 -Corriere del Mezzogiorno

Referendum, “La Calabria che vuoi” in campo per il No

A Cassano iniziativa del movimento guidato da Gianluca Gallo. Mario Tassone: «Le riforme non servono a soddisfare la vanità di una leadership che vuole piegare gli interlocutori ma devono perseguire la finalità di modernizzare il Paese»

 CASSANO ALLO JONIO  - Si è tenuto presso le Terme di Cassano si è tenuto un incontro promosso dal Movimento Politico "La Calabria che vuoi", guidato da Gianluca Gallo, sul tema del Referendum costituzionale, sul quale saranno chiamati ad esprimersi gli italiani nel prossimo autunno.

Ha introdotto i lavori il coordinatore del Movimento Francesco Garofalo, il quale ha ricordato – si legge in una nota – «l'umiltà di De Gasperi nel dopoguerra, che deve essere lo spirito guida che deve animare i militanti del Movimento nell'impegno referendario, affinché si voti per il No, decisione assunta e deliberata da " Calabria che vuoi "».

Il presidente del Movimento Gianluca Gallo ha evidenziato che il radicamento sul territorio calabrese della "Calabria che vuoi " «consentirà tanti appuntamenti e tanti incontri sul tema del No al Referendum Costituzionale, in quanto le riforme del governo Renzi sono state poco condivise nella società italiana, rischiano di generare conflitti e sembrano finalizzate all'esigenza di supremazia di un uomo solo al comando, senza i legittimi contrappesi». Secondo Gallo, «una Costituzione realizzata da Moro, Valiani, Calamandrei, La Pira e Zaccagnini non può essere modificata da un accordo tra Renzi, Boschi e Verdini, senza alcun coinvolgimento della società italiana, delle sue molteplici articolazioni sociali e civili, in quanto le regole del gioco politico-istituzionale influenzano e coinvolgono generazioni di cittadini».

Ha relazionato sul tema l'avvocato Luigi Muraca, capogruppo al Comune di Lamezia Terme di "Lamezia Unita", il quale ha ricordato il voto espresso sul tema all'interno del consiglio comunale sulla mozione referendaria (il cui esito è stato 12 – 2 a favore del No), aggiungendo che «si è creata, imitando male altri Paesi, una seconda Camera che non è dotata di poteri necessari per realizzare un vero regionalismo cooperativo e non ha il potere di incidere in merito a molte Leggi rilevanti per l'assetto regionalistico, nonostante mantenga, contraddittoriamente, il potere di eleggere 2 Giudici Costituzionali su 5. La seconda Camera – ha aggiunto Muraca – non riequilibra il Parlamento, condizionato da una Camera dei Deputati a cui viene riconosciuto, attraverso l'Italicum, una legge elettorale irragionevole, un premio di maggioranza smisurato, per effetto del quale il 20% degli Italiani può investire un Capo di un potere non assoggettato a bilanciamenti».

Ha concluso i lavori Mario Tassone, che ha spiegato come un Paese maturo debba certamente snellire il potere legislativo ma nella Riforma, che a suo avviso «stranamente porta il nome del ministro Boschi (le Leggi Costituzionali dovrebbero essere frutto di ampie intese), non si opera alcuna semplificazione, atteso che si moltiplica l'iter di formazione delle Leggi». Tassone sostiene inoltre che «rischia di produrre confusione la distinzione tra Leggi bicamerali e Leggi monocamerali, viene quasi azzerato il potere reale del presidente della Repubblica, il quale nomina solo formalmente il presidente del Consiglio e non può sciogliere le Camere ed anche sul versante del contenimento dei costi, illustri costituzionalisti – sempre secondo Tassone – hanno dimostrato che il problema dei costi non attiene al numero di persone investite di cariche pubbliche ma investe le funzioni e la legittimazione delle rappresentanze, mentre nel caso di specie, secondo la riforma Renzi, il Senato è ridotto a dopolavoro».

Concludendo, Tassone ha affermato che «le riforme non servono a soddisfare la vanità di una leadership che vuole piegare gli interlocutori, ma devono perseguire la finalità di modernizzare il Paese».

11 giugno 2015 - Articolo su "Il Giornale" - Gargani: Referendum, se vince il "SI"addio alla democrazia.

Sette motivi per votare "No" al referendum di ottobre

Le modifiche di 50 articoli alla Costituzione approvate dal Parlamento e sottoposte a referendum sono frutto di improvvisazione e della mancanza di partecipazione del Parlamento. Vi sono ragioni di metodo e di merito per le quali non è possibile dare un voto positivo. Ne indico solo alcuni.

1 L'articolo 138 non autorizza la modifica della Carta ma prevede la revisione di alcune norme. L'ampiezza delle modifiche rende non omogenea e non chiara la domanda referendaria per cui è impossibile rispondere sì o no a domande cosi diverse. La proposta inoltre modifica l'assetto costituzionale a opera di un Parlamento eletto con un sistema elettorale riconosciuto incostituzionale.

2 Il premier ha detto che il referendum è un test per la sua permanenza al governo. Dichiarazione che da sola conferma una dose di autoritarismo: il processo costituente è materia del Parlamento non del governo. Non si possono sfidare gli elettori sul piano personale e affermare che nel caso di voto negativo ci si dimette. Il governo se non sfiduciato ha il dovere di governare. La verità è che la riforma è una costruzione attorno al premier di turno che mette in discussione gli stessi principi e valori indicati nella prima parte della Costituzione considerati finora immodificabili.

3 L'esigenza della riforma è quella di superare il bicameralismo paritario, che rende lungo il processo legislativo. Questo obiettivo non lo si raggiunge perché sono previste tante eccezioni che consentono la doppia lettura decise discrezionalmente dai nuovi senatori. Per superare il bicameralismo bisognava avere il coraggio di abolire il Senato.

4 Il Senato continuerà a esistere con tutte le sue strutture e la sua complessa organizzazione costosa con senatori che non rappresentano il popolo ma la struttura verticistica delle Regioni, e che non hanno compiti precisi e funzioni definite. È facile prevedere che un Senato formato da rappresentanti delle Regioni, porterà a un dualismo parlamentare tra le stesse Regioni e lo Stato: i senatori saranno portati a rappresentare il territorio e a far prevalere criteri parziali e settoriali.

5 Il nuovo Senato è «rappresentante delle istituzioni territoriali e ha funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica». La indeterminatezza della norma che prevede una sorta d'autonomia degli enti locali dallo Stato, incide sul principio di unità e indivisibilità della Repubblica, la quale appunto è una e indivisibile e «riconosce» e «promuove» le autonomie locali.

6 Una Carta deve disegnare e organizzare un modello istituzionale che nelle democrazie moderne corrisponde in larga misura a un sistema parlamentare o presidenziale e le relative diverse norme debbono essere omogenee e armoniche per poter funzionare. Ci troviamo difronte ad un «ibrido» che non semplifica ma rende tutto incerto e non funzionante.

7 L'Italicum, già sottoposto all'esame della Consulta, che attribuisce al maggior partito un premio di maggioranza fuori da ogni logica, rafforza il potere del premier il quale «risponde» appunto solo al «suo» partito pur sempre espressione di una parte minoritaria del corpo elettorale. Il quale dà la fiducia al governo con un rito inutile perché praticato da deputati eletti senza preferenze. Il presidente del Consiglio governa con il «suo» partito la Camera dei deputati ed ha il «controllo» della maggioranza dei deputati del «suo» partito.

In conclusione al sistema parlamentare si sostituisce un regime presidenziale di fatto senza gli adeguati pesi e contrappesi compromettendo il pluralismo, la partecipazione dei cittadini che la Consulta non vuole riferita al solo esercizio del diritto di voto.

di Giuseppe Gargani Presidente «Comitato Popolare per il No al Referendum»

24 maggio 2016 - Articolo sul Sole 24 ore - Gargani: Senato snaturato, aumenta il dualismo Stato-Regioni